Pioggia. Amarezza. Solitudine.
Solo questo aveva intorno, quel giovedì pomeriggio; non un amico, un confidente, solo lacrime dal cielo e dolorosi sentimenti dal cuore.
La città, con il suo caos, era cieca al suo pianto. Lei, piccola, correva con le lacrime che scendevano copiose dagli occhi, neri, come tutto ciò che aveva attorno.
Urtò qualche passante, ma, continuò a perseguire la sua meta, qualunque essa fosse.
Si ritrovò davanti al cimitero.
Visto dalla noncurante città poteva essere quasi comico: una bambina, giovanissima e piena di vita, e la morte, solo fredda.
Osservò a lungo i cancelli, le gocce di pioggia che scendevano lungo i fusti sembravano lacrime, non si sentiva più molto sola: ora, qualcosa, piangeva con lei.
S’incamminò lungo il vialetto interno al cimitero, i pochi visitatori parevano stupiti nel vedere una bambina in un luogo così tetro.
Si fermò innanzi alla tomba del padre: “Sai papà…” la voce tremava, rotta dai singhiozzi “ la mamma dice che vuole cambiare casa…” parole sofferte, pronunciate con estrema rassegnazione “dice che ha conosciuto un uomo di un’altra città…che si sposeranno…”. Cadde in ginocchio, stringendosi nelle esili spalle “ma io non lo voglio un altro papà!” questa volta, la voce, fu un grido.
Poi, avvenne una cosa meravigliosa: sotto quella pioggia, un piccolo angelo vestito di bianco, dava un bacio ad una fotografia su di una lapide nera.
Anche quella giornata grigia parve riempirsi di luce.
I presenti giurarono di averla vista, la luce, una luce abbagliante che avvolse la bimba prima che si stendesse al suolo.
Per non alzarsi mai più.